Pianeta Mamme & Bambini – Perché chi ha un figlio disabile è visto come “fortunato” dalla società moderna, anche – e soprattutto – in tempo di pandemia.
Si fa un gran parlare del quanto la società sia poco rispettosa verso gli anziani e verso le donne incinte. Una società che non è una creatura mitologica di cui tutti parlano e nessuno sa dove abiti, in quale caverna o mare lontano la si possa avvistare. La società siamo noi, non la vediamo perché difficilmente ci rendiamo conto di essere parte attiva di uno sciame, come tante api.
Siamo noi, quando facciamo del bene e quando non lo facciamo. Perché non basta non fare del male, ma occorre fare del bene. Basta anche fermarsi alle strisce pedonali per consentire il passaggio a qualcuno in attesa.
In passato vi avrei detto che basta un sorriso, a volte, per migliorare la giornata di qualcuno. Adesso con le mascherine abbiamo perso questo piccolo segnale di positività, ma abbiamo imparato a comunicare con gli occhi.
Dovremmo però anche imparare a collegare bocca e cervello, in alcuni casi, perché le mascherine non sono un filtro per le cattiverie. Soprattutto adesso in tempo di pandemia l’ho sentito ripetere come un mantra: noi che abbiamo un figlio disabile siamo fortunati!
Fortunati perché “Tuo figlio è andato a scuola in presenza, e il mio no”
Fortunati perché “Tu prendi soldi dall’Inps”
Fortunati perché “Hai il parcheggio riservato”
Fortunati perché “Tu come genitore caregiver ha i giorni di permesso con la 104 e il vaccino prima degli altri”
Fortunati perché “Tuo figlio può non tenere la mascherina a scuola”
Mio figlio è andato a scuola in presenza, perché non è in grado di seguire la DAD come i compagni. Non l’ho “parcheggiato” a scuola per togliermelo dai piedi. L’andare a scuola in presenza non è stato “isolarlo” ma, al contrario, ha dimostrato l’inclusività della Scuola, che si è spesa per trovare la soluzione migliore per consentirgli di imparare con le sue modalità.
Mio figlio percepisce un indennizzo dall’Inps, con cui ci pago le terapie che lo Stato non riesce a passare gratuitamente: sai, tu porti tuo figlio a calcio, io lo porto a fare riabilitazione neuropsicomotoria in piscina. E costa.
Mio figlio deve fare molte più visite mediche del tuo e, anche se magari non ha un deficit motorio, ha disturbi sensoriali che rendono pericoloso e difficoltoso il muoversi in mezzo alle macchine, senza contare che potrebbe avere una crisi così forte da rischiare che si butti in mezzo alla strada all’improvviso.
Mio figlio ha necessità di essere accompagnato e seguito in questi percorsi, o se si ammala non posso lasciarlo ai nonni o agli zii, perché ha necessità particolari che spesso solo noi genitori sappiamo o possiamo gestire.
Mio figlio riesce a tenere la mascherina come i compagni, ma molti bambini disabili hanno difficoltà respiratorie o disturbi sensoriali così forti che gli è impossibile tenerle sul viso, anche volendolo fare.
Siamo fortunati? Sicuramente, ma non nel modo in cui ci si accusa di esserlo.
Siamo fortunati perché abbiamo imparato a vedere gli altri, non solo a guardarli. Sappiamo che la felicità sta nei piccoli gesti, nelle piccole conquiste, in ogni raggio di sole e in ogni goccia di pioggia. Siamo fortunati perché abbiamo imparato la resilienza.
Prima di criticare la società, ricordiamoci sempre che siamo noi la società.
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